Questo è un viaggio che unisce cinque grandi artisti del secolo,
legati da arte, amicizia e Firenze.
Partiamo dal più grande, Pablo Picasso, si può leggere di tutto su di lui, ma noi ci soffermiamo su Picasso uomo, per proseguire con Jean Cocteau,
suo amico e complice di scorribande per quasi sessanta anni.
Picasso, per descriverlo usiamo una sua citazione:
“…se tutte le tappe della mia vita potessero essere rappresentate come punti su una mappa e unite con una linea, il risultato sarebbe la figura del Minotauro…”
e come l’animale del mito di Teseo, ha annientato chiunque è entrato nel suo labirinto.
Nato a Malaga, parte del sangue di Picasso è italiano, il bisnonno materno era nativo di Sori, borgo in provincia di Genova, ma il suo temperamento va oltre ogni provenienza e già da bambino si manifesta nel talento unico e nella passione per il proibito;
a 7 anni realizza dal vivo disegni della corrida e spia di nascosto il mondo dei gitani.
Dopo il trasferimento a Barcellona, l’Accademia e dopo aver divorato l’avanguardia spagnola, il Minotauro nel 1900 arriva a Parigi, insieme alla sua determinazione a diventare il più grande artista del secolo…e chissà se questa voglia non fosse dettata anche dalla sua peniafobia (il timore di diventare povero).
Pablo tornerà più volte a Parigi, fino a stabilirsi definitivamente nel 1904, in una vecchia fabbrica di pianoforti a Montmartre, il famoso Bateau-Lavoir della “Bande à Picasso”,
un vivace gruppo di amici artisti, che resteranno nella storia.
Picasso non è ancora famoso come in Spagna e divide la stanza con il poeta e pittore Max Jacob; sembra ci fosse un solo letto, tanto che i due dormivano a turno, uno di giorno, l’altro di notte. Qui Jacob scrive in francese per Picasso, le lettere ai proprietari degli alberghi con i quali ha debiti e quando Guillaume Apollinaire vuole mangiare una bouillabaisse, vende per quaranta soldi, dieci o dodici disegni di Picasso ad un rigattiere.
La sua fama cresce, come le sperimentazioni con gli amici, lo studio di Picasso diventa meta di un pellegrinaggio di modelle senza freni, il tutto con la costante ricerca dell’arte libera, dello scambio di opinioni, della trasgressione, tra feste e sesso, qui Picasso passerà il suo periodo blu, rosa e vedrà la nascita del cubismo.
Nel 1915 anche Jean Cocteau, allora giovane “poeta da salotto” riformato dalla guerra, inizia a frequentare l’avanguardia artistica di Montparnasse, con Picasso e i suoi inseparabili Jacob e Apollinaire ancora squattrinati; c’è chi sostiene che i tre non videro con piacere l’arrivo di Cocteau, ma il suo interesse per il “scoprire nuovi mondi” e le sue conoscenze nell’ambiente mondano della Parigi influente, hanno fatto sì che iniziasse una salda amicizia,
forse celata subito, solo da secondi fini.
La brama di creare e sperimentare di Cocteau era alimentata dalla frequentazione di Picasso, dal suo essere estremo nell’arte e nella vita.
Il vizio e l’arte li univa, l’alcool, l’uso di droghe, l’ossessione del sesso, il tutto costantemente fuso con l’arte, entrambi amavano la bellezza, l’ironia, la diversità,
la rapidità di decisione e di esecuzione.
Lo stesso Cocteau racconta:
“…questo è il suo regno. Picasso è un re…può fare ciò che vuole purché non sbagli all’interno del suo registro. Per avvicinarsi al mondo e ai mostri sacri che inventa, bisogna conoscere la sua sintassi e la sua lingua. Altrimenti si è snob o ciechi…”
Cocteau coinvolge Picasso nella realizzazione del suo spettacolo Parade, per il quale Pablo cura scenografia e costumi. Per la produzione del balletto nel 1917 lavorano per due mesi a Roma, dove Picasso si invaghisce della ballerina Olga Koklova, tanto da seguirla a Firenze, una tappa casuale, che lo ha visto visitare chiese, musei e palazzi.
La città lo richiamerà nuovamente nel 1949 senza Cocteau e in questa seconda visita, stanco dei classici luoghi turistici, Pablo osserva la città popolare, quella dei ritrattisti degli Uffizi e degli artisti di strada, quella vita libera che lo ha sempre affascinato.
Si può dire che Firenze e Cocteau sono stati complici nel suo primo matrimonio con Olga,
una delle sue otto donne più importanti, tra innumerevoli amanti; tutte attraenti, alcune artiste, altre giovanissime e ignare della incredibile personalità di Picasso,
diventate a turno o contemporaneamente, sue muse, modelle, amanti e vittime del Minotauro, alcune impazzite, altre suicide.
La sua smisurata irruenza era come nell’arte, così nella vita.
La collezione Lungarno unisce proprio Picasso e Cocteau attraverso la tetralogia di quest’ultimo, dedicate al minotauro, figura che entrambi hanno amato e rappresentato più volte nelle loro opere e nei soggiorni in costa azzurra.
Jean Cocteau, artista eclettico e sperimentatore, è stato al contrario di Picasso, il rappresentante della borghesia parigina nel mondo, un uomo raffinato che amava spaziare dalla poesia, alla scrittura, alla recitazione, al disegno; nella vita privata, la sua omosessualità lo ha accompagnato costantemente come fonte d’ispirazione, sostenendo e promuovendo i suoi amanti, al contrario di Picasso che umiliava e schiacciava le sue compagne.
Continuiamo il viaggio in Italia, terra amata da Cocteau già da ragazzo, quando andava in vacanza a Venezia con la madre.
Jean conosceva benissimo la pittura italiana e in molte sue opere ha fatto omaggio ai grandi Bramante, Giotto, Michelangelo e Paolo Uccello, ma è Picasso, che ci presenta un altro importante personaggio della collezione Lungarno, Mario Sironi e di lui dice:
“…avete un grande artista, forse il più grande del momento e non ve ne rendete conto”
L’Italia lo ha un tempo sottovalutato, oggi, è riconosciuto come uno dei più grandi maestri del ‘900 italiano, uno dei pittori più tormentati della collezione,
a dire di suo nipote un “implacabile visionario”.
Era il 1950 quando sempre Pablo Picasso, da Antibes, forse insieme all’amico Jean Cocteau, spedisce una lettera con sul retro il disegno di una capra e
la richiesta di una consulenza per la fusione dell’opera.
La lettera era indirizzata a Marino Marini, che aveva conosciuto anni prima a Parigi.
Marino, noto artista toscano, è quello che emotivamente si contrappone maggiormente a Pablo, un pittore sempre in viaggio e curioso, ma un uomo che nella vita privata si è fermato ad un unico solo grande amore, la moglie Marina,
che lo ha accompagnato nel suo cammino nell’arte.
Concludiamo il viaggio qui a Firenze, con uno dei suoi artisti più rappresentativi di quel periodo, Ottone Rosai, del quale la collezione mostra numerose opere della sua arte che ha come protagonisti i luoghi e gli umili della città e come uomo lo possiamo accostare nella sua omofilia a Cocteau e nella sua risoluzione a Picasso.
Dalla hall Lungarno ricca di preziose opere, i racconti di altri grandi artisti si intrecciano tra i piani dell’hotel, in nome della cultura e dell’arte europea del ‘900.