Pensare ad un mondo senza immagini appare oggi impossibile, la grafica rappresenta uno strumento indispensabile per la comunicazione di massa e ha un ruolo centrale nell’economia e nella cultura della nostra società.
Iniziamo questo itinerario parlando del padre del manifesto moderno, Jules Cheret, che fu tra i primi a comprendere l’importanza dell’immagine a scapito del testo.
La sua, è la fiaba di un moderno self made man, nato in una famiglia parigina molto povera, il suo sogno era fare l’artista e lo realizzò grazie al capostipite di una delle più grandi aziende di cosmesi del mondo, Eugene Rimmel, che ha visto in Cheret, l’artista che attraverso le sue illustrazioni avrebbe celebrato i suoi prodotti al grande pubblico.
Grazie a questa collaborazione Cheret diventa un innovatore della Belle Époque, esempio di come l’arte su commissione sia importante e non si limiti a rappresentare, ma possa valorizzare e comunicare.
Libera la sua fantasia, realizza moltissimi manifesti, diversi per il Moulin Rouge, i suoi soggetti preferiti sono le donne, che rappresenta senza catalogazione ma con gioia e vivacità, diventando il “Padre della liberazione femminile”.
La sua arte è stata così innovativa che è diventata oggetto di collezione già all’epoca, da parte di Degas e Monet.
In Italia, l’evoluzione della grafica si vede nel lavoro di Lucio Venna, pittore italiano esponente del movimento futurista.
Di origine austriaca, si è trasferito a Firenze a soli 15 anni, in un periodo di grande fermento, insieme a lui cominciavano a far parte della vita artistica cittadina Ottone Rosai, presente nella collezione “TOP 5” dell’Hotel Lungarno e tanti altri.
Venna disegna, dipinge e viene subito rapito dall’ideologia del movimento futurista, dal quale resta però deluso; da questo scontento riemerge con un’intensa attività, decidendo di dedicarsi alla cartellonistica, mantenendo il legame con la qualità creativa del futurismo.
Il suo studio di pubblicità dà vita a manifesti, cartelloni e importanti marchi aziendali, caratterizzati come Creazioni Venna.
In quegli stessi anni Salvatore Ferragamo apre il suo atelier a Firenze e proprio con Lucio Venna stringe rapporti, commissionandogli la prima etichetta e il primo manifesto pubblicitario della casa di moda, ancora oggi simbolo di un’epoca.
Il boom economico del post dopoguerra e il diffondersi del consumismo hanno portato gli artisti ad interpretare nuovi gusti e a sperimentare, come ha fatto un giovane innovatore, pittore, grafico e scenografo, Raoul Shultz.
Breve e intensissima l’avventura creativa di questo artista eclettico, esploratore delle correnti artistiche italiane ed internazionali; era un personaggio irriverente, l’unico ad aver proposto un’opera d’arte, come “Pittura a metro” (un rotolo di circa 6 metri di lunghezza per 60 centimetri di larghezza) testimonianza di un procedere dissacrante, opere con le quali intendeva contrapporsi ad ogni logica di mercato.
Nella Venezia dei primi anni sessanta, dove ha vissuto, ha liberato il suo spirito creativo spaziando tra letteratura, illustrazione, cinema con un importante sodalizio con Hugo Pratt e il regista Tinto Brass, quest’ultimo lo ricorda così:
“…Raoul era indiscutibilmente…il più radicale nelle scelte, che gli venivano d’istinto…un artista vero, non un intellettuale dell’arte…”
Il percorso di Shultz è stato dinamico e frenetico, interrotto dalla morte prematura a soli quarant’anni.
Sempre all’inizio degli anni sessanta dagli Stati Uniti d’America penetra anche lo stile di vita americano, nuovi prodotti, un nuovo modello esistenziale, gli elementi di questa comunicazione diventano presto oggetto delle attenzioni e soggetto delle opere di artisti, la pop art. A rappresentare questo movimento artistico in toscana, si trovano nella collezione dell’Hotel Lungarno, le opere di Adolfo Natalini, che fu uno dei giovani artisti a dare vita alla variante locale del movimento made in USA.
Natalini si definisce oggi architettore, la fusione di un architetto e un pittore, la collezione è dimostrazione della sua breve ma significativa esperienza pittorica, fondamentale per il suo percorso, lui stesso racconta:
“Nel 1964, il mio relatore di laurea…chiese di vedere i miei quadri e disse che si rifiutava di sciupare un buon pittore trasformandolo in un cattivo architetto”
Ma così non è stato, Natalini è diventato un grande architetto, dall’arte è passato all’architettura radicale, con il Superstudio, i cui progetti sono stati oggetto di pubblicazioni e mostre in tutto il mondo, come il Museum of Modern Art New York, Israel Museum Jerusalem, Deutsches Architekturtmuseum Frankfurt am Main, Centre Pompidou Paris, lasciando tracce visibili dei loro pensieri.
Dal 1991 Adolfo Natalini si dedica pienamente all’architettura, con prestigiosi progetti anche per la città di Firenze, come gli interventi di riqualificazione della Galleria degli Uffizi, l’ampliamento del Museo dell’Opera del Duomo e tanti altri.